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"Rogna rossa" nel cane.. e nell'uomo?

demodexPensate a tutti gli adulti che conoscete. Ai vostri genitori, ai vostri nonni. Agli insegnanti che avevate a scuola, al vostro medico e al vostro dentista, ai netturbini che raccolgono la vostra immondizia e agli attori che vedete in TV. Tutte queste persone, con ogni probabilità, hanno degli acari che camminano, mangiano, dormono e fanno sesso sulla loro faccia. 

Esistono più di 48 mila specie di acari. Per quanto ne sappiamo, due di queste vivono sul viso degli esseri umani. Mentre la maggior parte degli altri acari hanno un corpo fatto a losanga con zampe lunghe e sottili, quelli della faccia somigliano più a stop da muro per viti, di quelli comunemente chiamati "Fischer": lunghi coni con tozze zampe a un'estremità. In realtà sono minuscoli, e pochi di noi li hanno mai effettivamente visti. Ma sono quasi certamente gli animali con cui passiamo più tempo.

Vivono nei nostri follicoli piliferi, sepolti a testa in giù. Mangiano le sostanze oleose che secerniamo, si incontrano vicino alla superficie e qualche volta strisciano sulla pelle di notte. Lo fanno sulla mia faccia, e probabilmente anche sulla vostra. Un gruppo di scienziati della North Carolina State University, guidato da Megan Thoemmes e Rob Dunn, ha esaminato un piccolo campione di cittadini americani e ha scoperto che ogni adulto aveva gli acari in faccia: un risultato che molti avevano ipotizzato ma nessuno aveva mai verificato finora. Se vi chiedete chi sia il migliore amico dell'uomo, lasciate perdere i cani: piuttosto, guardatevi un poro al microscopio. 

Gli acari furono scoperti nel 1841, ma fu un dermatologo tedesco, Gustav Simon, a descriverli accuratamente un anno dopo. Stava guardando al microscopio un brufolo da acne quando notò un "oggetto simile a un verme", dotato di testa e zampe. Forse era un animale? Simon lo estrasse, lo mise tra due vetrini, e vide che si muoveva. Certo che era un animale. Un anno più tardi, fu Richard Owen (il grande biologo e paleontologo britannico che inventò anche il termine "dinosauro") a battezzare l'animale: Demodex, dalle radici greche δημ?ς ("grasso, lardo") e δ?ξ ("verme, tarlo"): il verme che fa la tana nel grasso. Le due specie che si rintanano sull'uomo sono Demodex folliculorum (più grosso, con la parte posteriore del corpo rotonda) e Demodex brevis (più piccolo, con il posteriore più corto). 

Demodex è stato trovato sul volto di esseri umani di qualsiasi gruppo etnico, dai bianchi di origine europea agli aborigeni australiani agli Inuit dell'Artide. "Si può concludere che dovunque sia un essere umano si troveranno anche gli acari dei follicoli piliferi, e che il meccanismo di trasferimento è efficace al 100 per cento!", scrisse nel 1976 William Nutting, leggendario scienziato specializzato in acari. "Uno dei miei studenti ha fatto notare che sono stati i primi metazoi invertebrati ad andare sulla Luna!". 

Eppure è stato sempre difficile stimare quanto siano comuni questi animaletti. Nel 1903 un ricercatore francese li trovò su 49 cadaveri su 100. Nel 1908, in Germania, un altro studio rilevò la loro presenza su 97 cadaveri su 100. Le stime più recenti però erano più caute: gli acari avrebbero colonizzato solo tra il 10 e il 20 per cento degli esseri umani. 

Queste stime però erano tutte basate su conteggi a vista. Si applicava del cellophane sulla pelle per tirar via gli acari, o si grattava un po' di pelle dal viso con una piccola spatola, o si esaminavano ciglia e sopracciglia strappate con una pinzetta. Ma le creature che vivono nei nostri pori non sono così semplici da estrarre; in più, sono distribuite in maniera irregolare. 
Magari qualcuno ha una popolazione che gli vive su una guancia, qualcun altro ce l'ha sulla fronte. È facile farseli sfuggire, a meno di strappare peli o grattare pelle da tutta la faccia. 

Thoemmes ha scelto un approccio diverso: ha cercato il loro DNA. Ad aiutarla è stata una interessante caratteristica degli acari: essendo privi di ano, non fanno mai la cacca. Si tengono tutti i loro scarti e li disperdono nell'ambiente quando muoiono. Questi rifiuti contengono il loro DNA, che quindi rivela la presenza di quelle bestioline anche quando sono nascoste in luoghi inaccessibili. 

Thoemmes ha messo a punto un test per rilevare il DNA di Demodex e lo ha applicato a volontari nel corso di eventi speciali battezzati “Meet Your Mites” ("Conosci i tuoi acari"). "La risposta è stata molto buona", racconta la studiosa. "All'inizio facevano un po' gli schifati, ma poi erano tutti entusiasti quando vedevano gli acari al microscopio". In tutto si sono presentati 253 volontari: al microscopio, gli acari erano visibili sulla faccia del 14 per cento delle persone, in linea con le stime precedenti. Ma poi Thoemmes ha cercato il DNA degli acari su 19 adulti, e l'ha trovato nel 100 per cento dei casi. Quei risultati sono stati pubblicati sulla rivista PLOS ONE, ma la studiosa sostiene che da allora la sua équipe ha continuato il lavoro fino a raddoppiare il campione. I risultati sono stati uguali. 

Si tratta certamente di un campione ancora piccolo e poco rappresentativo, ma mostra come tutti i conteggi a vista sottostimino la presenza degli acari sulle persone. O almeno sugli adulti. Thoemmes ha analizzato anche dieci ragazzi di 18 anni e ha trovato il DNA di Demodex solo nel 70 per cento dei casi. Un risultato in linea con ricerche precedenti secondo cui gli acari si diffondono sempre di più con l'età. Sono rari nei neonati, più comuni sugli adolescenti e universalmente diffusi sugli adulti. In realtà nessuno ha ancora capito da dove li prendiamo. Sappiamo che i cani li acquisiscono durante l'allattamento, e potrebbe andare così anche per noi: secondo uno studio, Demodex  si annida anche nel tessuto dei capezzoli. Ma l'assenza di acari riscontrata in alcuni adolescenti fa pensare che forse queste creature ci colonizzano in tutto il corso della nostra vita. 

Gli studiosi hanno anche comparato le sequenze di DNA estratte negli Stati Uniti con quelle di acari esaminati in altre parti del mondo. A quanto pare la varietà genetica di D.follicorum è molto bassa: quelli che vivono sulle facce degli americani sono probabilmente molto simili a quelli cinesi. D.brevis, invece, è molto più vario, e una faccia sola può ospitare molti ceppi diversi.

Queste differenze sono probabilmente dovute al diverso "stile di vita" delle due specie. D.brevis  si rintana in profondità nei nostri pori e di solito resta lì. Man mano che la specie umana si diffondeva in tutto il mondo, questo animaletto ci ha accompagnato ed è co-evoluto con noi, dando vita a numerosi ceppi diversi. D.folliculorum vive più in superficie, e forse si sposta più facilmente da una persona all'altra. Brevis è un simbolo dell'insularità, folliculorum della globalizzazione. “Questi artropodi vivono probabilmente sulla faccia di tutti gli esseri umani", dice Thoemmes. “È un fatto importantissimo. Potrebbero darci informazioni importanti sulla diffusione dell'uomo sul pianeta". 

Eppure, nonostante la loro onnipresenza, queste creature sono ancora in gran parte sconosciute. Non sappiamo da dove vengano le nostre due specie di acari della faccia, né quali siano i loro parenti più prossimi. Non sappiamo nemmeno quanti ne esistano in generale. A quanto pare, ciascuna specie di Demodex  colonizza solo un mammifero: uomini, cani e gatti ne hanno più di una. Poiché esistono 5.000 specie di mammiferi, potrebbero esserci altre 10.000 specie di Demodex ancora da scoprire.

di Ed Yong (NATIONAL GEOGRAPHIC)